Quello che le etichette non rivelano sull’acqua in bottiglia: cosa nasconde davvero
- Giuseppe William Moschetta
- 2 giorni fa
- Tempo di lettura: 4 min
Tutti immaginiamo di sorseggiare acqua limpida e incontaminata, come sgorga da una sorgente di montagna.
Ma come possiamo davvero essere sicuri che l’acqua che beviamo corrisponda a questo ideale? Ci affidiamo alle confezioni più invitanti, scegliamo il marchio che ci ispira maggiore fiducia. Ma conosciamo davvero la sua composizione?
Facciamo chiarezza sui principali rischi legati al consumo di acqua minerale in bottiglia.
La situazione italiana sotto la lente
In media, una famiglia di quattro persone in Italia acquista circa 115 bottiglie di acqua al mese, preferendole quasi sempre a quella del rubinetto perché le percepisce più sicure e genuine.
La rivista Le Scienze ha però analizzato alcune delle marche più diffuse nel nostro Paese, scoprendo tracce di metalli pesanti e sostanze potenzialmente tossiche in tutte le acque esaminate.
Cosa è stato trovato
Tra gli elementi riscontrati in numerose indagini compaiono arsenico, uranio, bario, mercurio, alluminio, berillio, stronzio e fluoro.
Se assunti per lunghi periodi, questi metalli possono contribuire a problemi respiratori, disturbi cardiovascolari, danni al sistema nervoso e persino aumentare il rischio di alcune malattie neurodegenerative e forme tumorali. Come mai è permessa la loro presenza?
L’assenza di trasparenza nelle etichette
Le aziende produttrici non sono tenute a indicare in etichetta i livelli di queste sostanze.
La normativa vigente, infatti, ammette la presenza di fino a 19 elementi potenzialmente nocivi nell’acqua in bottiglia, spesso a concentrazioni più elevate rispetto a quelle previste per l’acqua del rubinetto, nei casi in cui non mancano del tutto limiti di legge.
Per l’uranio, per esempio, non esiste alcuna soglia massima consentita.
Per il bario, invece, il limite è fissato a 10.000 milligrammi per litro: una quantità che lascia sbalorditi.
Perché dovremmo preoccuparci
Beviamo acqua ogni giorno, più volte al giorno: è la base della nostra idratazione e del nostro benessere. Sapere cosa si nasconde dietro un’etichetta può aiutarci a fare scelte più consapevoli, tutelando la nostra salute nel lungo termine.
Con un po’ di attenzione in più, leggendo le analisi indipendenti e informandoci sui parametri non sempre riportati, possiamo scegliere l’acqua che davvero rispecchia le nostre aspettative di purezza e sicurezza.
Acqua in bottiglia: possiamo fidarci delle etichette?
Ti sei mai chiesto perché l’acqua in bottiglia possa contenere più sostanze inquinanti di quella del rubinetto? In realtà, esistono due normative distinte: una per le acque minerali e una per quelle di rete. Questo significa che, mentre l’acqua del rubinetto è limitata a 10 µg/l di arsenico, molte acque minerali possono arrivare a 40–50 µg/l senza doverlo indicare in etichetta.

Un doppio standard normativo
Le leggi italiane fissano vincoli più severi per l’acqua potabile di rete, ma concedono margini molto più ampi, o addirittura nessun limite, alle acque confezionate.
Per 19 sostanze tossiche (arsenico, cadmio, mercurio, piombo, nitrati, ecc.), il decreto ministeriale n. 542/1992 non impone l’obbligo di dichiararle se non superano determinate soglie.
I nitrati, ad esempio, non vanno segnalati finché restano sotto i 45 mg/l, pur essendo classificati tra i potenziali cancerogeni.
Frode e contraffazione
Non è raro imbattersi in imbottigliamenti abusivi: nel Lazio sono stati sequestrati 266.000 litri di acqua “taroccata” con etichette identiche all’originale, ma imbottigliata senza controlli sanitari.
Arsenico: un nemico silenzioso
L’arsenico, assorbito completamente dall’organismo, si distribuisce in tutti gli organi e, a lungo andare, aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, neurologiche, diabete e tumori (polmone, vescica, rene). L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro lo classifica come cancerogeno certo (gruppo 1). In uno studio su ratti è stato osservato un aumento dei tumori renali dopo esposizione prolungata; in diverse aree del mondo, Asia, Messico, Sud America, l’arsenico nelle acque potabili è già associato a tumori cutanei, epatici e polmonari.
Uranio e berillio: pericoli sottovalutati
Estratti naturalmente dal sottosuolo, uranio e berillio non sono esenti da rischi:
L’uranio, oltre alla radioattività, provoca tossicità chimica renale (soprattutto nei bambini).
Il berillio, cancerogeno di classe A secondo l’EPA, interferisce con enzimi vitali sostituendo il magnesio. Non esistono limiti di legge né in Italia né in Europa.
Il grande atlante delle acque minerali europee
Un progetto guidato da EuroGeoSurveys ha analizzato 186 campioni di 158 marche italiane, evidenziando tracce di sostanze nocive in tutte. Ben 178 acque contenevano arsenico; alcune superavano i 5 mg/l (entro i limiti legali, ma preoccupanti secondo esperti).
La plastica non è innocua
Anche il contenitore influisce sulla qualità dell’acqua: esposti al calore, i tappi in PET rilasciano antimonio (cancerogeno IARC) e bisfenolo A (BPA), noto distruttore endocrino. In condizioni estreme (70 °C per 4 settimane), uno studio dell’Università della Florida ha riscontrato un aumento di antimonio fino a 319 volte rispetto al freddo. Un’analisi californiana ha poi dimostrato la migrazione di 29 sostanze pericolose (aldeidi, chetoni, ftalati), che crescono di 9 volte tra 20 °C e 30 °C, e di 4 volte se l’acqua resta in bottiglia oltre tre mesi.
Ogni bottiglia è legata non solo alla sorgente da cui proviene l’acqua, ma la sua qualità effettiva dipende anche dalle leggi che ne permettono la commercializzazione.
Prima di bere distrattamente, vale la pena chiedersi: quanto tempo è passata dall’imbottigliamento? E quali sostanze invisibili stiamo assumendo? Informarsi, leggere studi indipendenti e preferire fornitori trasparenti sono i primi passi per un consumo più consapevole.
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